La coagulazione del sangue (o coagulazione ematica) è il risultato di una serie di processi nei quali, all’interno o all’esterno di un vaso sanguigno si viene a formare un coagulo o un trombo. Il processo di coagulazione è unico, ma si può distinguere una sua versione fisiologica che è detta emostasi e conduce alla riparazione di una ferita, mentre la versione patologica della coagulazione, la trombosi, può portare a conseguenze anche gravi. L’emostasi normale è l’effetto di alcuni processi che, se ben regolati, svolgono due importanti funzioni: mantenere il sangue in uno stato fluido nei vasi normali ed indurre un tappo emostatico in modo rapido e ben localizzato presso la sede del danno al vaso. Questo tappo emostatico rappresenta una formazione transitoria, in condizioni fisiologiche, necessaria per permettere ai meccanismi di riparazione delle ferite di riparare la lesione.
Nel caso di trombosi, il trombo che si è formato presso la lesione tarda a distaccarsi e può tendere all’aumento di volume, aumentando la sua potenziale pericolosità. Nel sangue e nei tessuti sono state finora trovate più di 50 diverse sostanze capaci di influenzare la coagulazione del sangue, alcune promuovendola, procoagulanti, altre inibendola, anticoagulanti. Normalmente il sangue non coagula dentro i vasi per la prevalenza degli anticoagulanti, ma ove si determini rottura di un vaso sanguigno l’attività dei procoagulanti nella sede della lesione aumenta in misura tale da portare alla formazione del coagulo. In risposta a rottura di un vaso o ad alterazione del sangue stesso si verifica un insieme di reazioni che coinvolge più di una dozzina di fattori di coagulazione (indicati con numeri romani). Il risultato finale è la formazione di una serie di sostanze attivate, cui si dà il nome comune di attivatore della protrombina. L’attivatore della protrombina è il promotore della conversione della protrombina (o fattore II) in trombina (o fattore IIa) e scatena i successivi stadi della coagulazione.
Si considera generalmente che l’attivatore della protrombina si formi attraverso due vie fondamentali, benché in realtà esse interagiscano costantemente l’una con l’altra: – La via estrinseca, che origina dal trauma della parete vasale o dei tessuti circostanti. – La via intrinseca, che inizia nel sangue stesso. In seguito a rottura di vasi sanguigni la coagulazione viene avviata da entrambi i sistemi simultaneamente. La tromboplastina tessutale dà inizio alla via estrinseca, mentre il contatto del fattore XII e delle piastrine con il collagene della parete vasale avvia la via intrinseca. Una differenza di particolare rilievo fra il meccanismo intrinseco e quello estrinseco è che quest’ultimo ha un carattere esplosivo; una volta avviato, la velocità di evoluzione è limitata soltanto dalla quantità di tromboplastina tessutale liberata dai tessuti traumatizzati e da quella dei fattori X, VII e V presenti nel sangue. Se il trauma tessutale è grave, la coagulazione può attuarsi in appena 15 secondi. Al contrario, il meccanismo intrinseco è molto più lento, richiedendo di solito da 1 a 6 minuti prima di determinare la coagulazione.
La via estrinseca della coagulazione per la formazione dell’attivatore della protrombina comincia con un trauma della parete vasale o dei tessuti extravasali. La via intrinseca della coagulazione ha inizio con un trauma sul sangue stesso o con l’esposizione del sangue al collageno di una parete vasale traumatizzata e procede poi lungo la seguente serie di reazioni a “cascata”: Salvo che nei primi due stadi del meccanismo intrinseco, gli ioni calcio sono necessari per lo svolgimento di tutte le reazioni. Perciò, in assenza di ioni calcio la coagulazione del sangue non può aver luogo. Le piastrine svolgono un ruolo chiave nella conversione della protrombina in trombina poiché la maggior parte delle molecole di protrombina si lega ai propri recettori presenti sulla superficie delle piastrine legate al tessuto danneggiato. Questo legame accelera la trasformazione di protrombina in trombina, che avviene proprio nel tessuto dove è richiesta la formazione del coagulo. La trombina a sua volta agisce trasformando il fibrinogeno (o fattore I) in filamenti di fibrina. Quest’ultima costituisce il coagulo nel cui reticolo restano intrappolate le piastrine, le cellule ematiche ed il plasma. Questa fase dura solo 10-15 secondi, quindi il fattore che limita la velocità del processo della coagulazione del sangue è di solito la formazione dell’attivatore della protrombina e non le reazioni che ad essa fanno seguito, poiché queste normalmente si svolgono assai rapidamente fino alla formazione del coagulo. Il coagulo formatosi durante l’emocoagulazione è composto da una struttura reticolare costituita da filamenti di fibrina che diramandosi in tutte le direzioni intrappolano cellule ematiche, piastrine e plasma.
I filamenti di fibrina aderiscono alle superfici lese dei vasi sanguigni sicché il coagulo stesso, aderendo ad ogni punto della lesione vasale, impedisce l’emorragia. Pochi minuti dopo la formazione del coagulo, questo comincia a contrarsi spremendo dalla sua massa la maggior parte del liquido, di solito in 20-60 minuti. Il liquido espresso dal coagulo si chiama siero. Con la retrazione del coagulo, i lembi della parete vasale rotta vengono ad accostarsi l’uno all’altro, potendo così contribuire alla fase finale dell’emostasi (riparazione della lesione).
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